CINEMA, Testi: La speranza dei ruoli femminili nel cinema, più di uomini che di donne

by Donatella Massara on aprile 12, 2010

La speranza dei ruoli femminili nel cinema, più di uomini che di donne

Il libro di Paola Casella Cinema: femminile, plurale mogli, madri, amanti protagoniste del terzo millennio, Le mani, 2009 può in un primo momento infastidire chi come me segue con particolare interesse, politico, più che estetico, la regia femminile. La tesi di questo breve ma molto condensato saggio è che dal 2005 si evolvono i ruoli femminili nel cinema. Alla crisi il cinema risponde con una grande quantità di personaggi femminili e con il ruolo quasi salvifico delle donne.
C’è di che ribattere: ma le registe, le autrici di cinema, anche le grandi attrici non hanno sempre messo le donne al centro dei loro film, lavorando su personaggi che hanno molte volte ribaltato i ruoli normativi assegnati alle donne? Margarethe von Trotta è dal primo film che ha girato da sola Il secondo risveglio di Crista Klages (1978) che vede nelle donne il motore della storia, arrivando, trionfalmente, a sfiorare il trentennio di cinema femminista, con le donne che lottarono contro Hitler nella Germania nazista in Rosenstrasse (2003). In Agnes Browne di Anjelica Huston (1999) dedicato alla Mommy della saga scritta e in questo caso anche sceneggiata da Brendan O’Carroll, la protagonista, che è la stessa regista, nonostante la vedovanza, la semplicità e il banco di frutta da cui ricava da vivere per sé e i sette figli, davanti alla possibilità di un nuovo e vantaggioso matrimonio risponde che non ritornerà a vivere con un uomo perché ha scoperto di avere avuto più amicizia con una donna che con suo marito.

 

Paola Casella, prendendo una strada critica diversa, analizza 121 film di registi e 17 di registe non dal punto di vista del giudizio estetico ma solo e esclusivamente sul ruolo femminile. E’ una interpretazione che, per vie traverse, quelle dell’immaginario, segnala l’eccellenza del modo femminile di stare e interagire con la storia del nostro tempo.
Ho creduto opportuno circostanziare meglio l’analisi dell’autrice. Per ogni film ho accostato alla regia, la sceneggiatura e il soggetto per verificare se e quando c’era un contributo femminile. Il risultato è sorprendente. Nei film dove il ruolo femminile, secondo Casella, è più negativo ci sono quasi sempre, sceneggiatrici, soggettiste e scrittrici dal cui romanzo è stato tratto il film. Viceversa sono quasi totalmente maschili i film dove più è in luce l’aspettativa verso le donne in quanto simboli di cura e conservazione del nostro futuro.
I film che l’autrice addita come residuali, attaccati ancora agli stereotipi della protagonista distruttiva, come quelli – secondo Casella – interpretati da Isabelle Huppert, sono quasi tutti di registi ma con un bella presenza di scrittura femminile. La pianista (2001) è tratto dal romanzo di Elfriede Jelinek e Grazie per la cioccolata (2000) ha il soggetto di Charlotte Armstrong, la sceneggiatura di Aurore Chabrol e l’adattamento di Caroline Elicheff con Claude Chabrol. In 8 donne e un mistero (2002) c’è Marina de Van a cofirmare la sceneggiatura con il regista Francois Ozon, Home (2009) invece ha la regia e la sceneggiatura di Ursula Meier, Women (2008) anche è di una regista Diane English e così White Material (2009) è di Claire Denis. La commedia del potere (2006) è cosceneggiato da Odile Barski con il regista Claude Chabrol. Gabrielle (2005) è cosceneggiato da Anne Marie Trividic con il regista Patrice Chereau, L’amore nascosto (2007) è tratto dal libro di Danielle Girard. Proprietà privata (2006) di J. Lafosse, Ma mère (2004) di Christophe Honoré e Medee Miracle (2007) di T.De Bernardi sono i soli scritti e diretti da uomini. Invece i film dove l’interprete è Nicole Kidman che, per Paola Casella rappresenta l’opposto di Isabelle Huppert, sono completamente maschili. E’ lei chiamata a rappresentare la donna che vede oltre il presente che sa spalancare gli occhi sulla realtà, inforcare gli occhiali per resistere alla tendenza a non vedere, lei è la visionaria, la strega che film dopo film incarna la carta vincente depositata sulle donne dai registi. Eyes Wide Shut (1999), The Others (2001), La macchia umana (2003), Birth io sono Sean (2003), La donna perfetta (2004), La fabbrica delle mogli (2004), Invasion (2007) e Cecità (2008) sono scritti e diretti da uomini. Solo Vita da Strega (2005) è di Nora Ephron, diretto e scritto con la sorella e Fur (2006) dedicato alla vita (immaginaria) di Diane Arbus ha la regia di S.Shainberg ma il soggetto di Patricia Bosworth e la sceneggiatura di Erin Cressida Wilson.
I grandi registi confermano la direzione tutta maschile di questa ispirazione a vedere le donne come forza vitale irriducibile, grandezza della maternità, capacità di andare oltre il senso comune delle cose. Night Shyamalan, F. Ozpeteck, P. Almodovar e L. Von Trier scrivono e dirigono i film e si aspettano molto dalle donne o almeno ce lo fanno credere. Anche Von Trier, rappresentante tipico della paura maschile a <<confrontarsi con il femminile nella sua complessità, arrivando a punire simbolicamente, attraverso i suoi film, l’altra metà del cielo>>, tuttavia con il suo sadismo – scrive Casella – dà <<espressione metaforica a una deriva dal mondo occidentale che lo conduce al fallimento, impedendogli di procreare e dunque di perpetuarsi e crescere nel tempo.>>
Per convincerci della sua tesi Paola Casella, nel capitolo finale, cita Muccino, anch’egli autore a pieno titolo, che dice: <<Voglio raccontare le donne come personaggi nuovi, creature più sagge, più riflessive e dotate di un maggior accesso al senso della vita, rispetto agli uomini.>>
Fra tutti i film citati da Paola Casella solo quelli delle registe mi sono veramente piaciuti: XXY (2007) di Lucia Puenzo, Boys don’t cry (1999) di Kimberly Peirce, Lo spazio bianco (2009) di Francesca Comencini. E se ho visto con piacere anche Julia Roberts di Erin Brockovic (2000) regia di Steven Soderbergh, segnalo che il soggetto e la sceneggiatura sono di Susannah Grant, tratti da una storia vera. In questi film avevo visto davvero la trasformazione del ruolo femminile e mi piaceva che venisse giocata in uno spazio filmico dove c’è il mondo nella sua interezza, non solo quella porzione attribuibile al film delle donne. Sono film dove le protagoniste non sono feticci posticci, ma ci accorgiamo che i corpi contano e allo stesso tempo avvertiamo il valore simbolico di una narrazione che guarda e comunica con il nostro mondo comune di idee, sentimenti e promesse. L’apertura che offrono è verso risposte nuove e creative che esulano dai modi tipicamente maschili di controllare le situazioni. E’ la stessa Casella a criticare queste reazioni che agiscono attraverso le donne in alcuni film non solo di uomini, valga di esempio Dogville (2003) di Von Trier.
Ho deciso di prendere per buono il segnale di fumo che l’autrice ci trasmette con il suo libro e di farne tesoro. Alla luce delle considerazioni fatte penso che molti film esprimano soprattutto le proiezioni che gli uomini fanno sulle donne. Sono delle buone proiezioni, però, ci dice Paola Casella e possiamo avvantaggiarci nel riconoscerle, anche se in esse – aggiungo – pienamente non ci riconosciamo.