POLITICA DELLE DONNE, Testi. Intervista a Johanna Wollmann

by Donatella Massara on ottobre 26, 2014

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Materiali per una storia della danza femminile, della ginnastica e del movimento. La Scuola Carla Strauss – movimento in movimento di Johanna Wollmann

INTERVISTA A JOHANNA WOLLMANN


Introduzione

Intervista a Alessandra Signorini

Intervista a Claudia Mizrahi

Intervista a Karin Ullrich

Intervista a Ruth Eulenberger

Testimonianza di Rossella Majuri Meusel

Le testimonianze delle allieve della Scuola Carla Strauss

Sito Scuola Carla Strauss


La Strauss aveva uno sguardo radiografico

 

Appena finito gli studi, a 21 anni, uscita dall’Accademia dove mi sono formata sono venuta a Milano, per amore, e ho cercato subito lavoro, ma non trovavo quello che volevo, inoltre non parlavo italiano, io e mio marito abbiamo trovato un club che aveva aperto nello stesso edificio di cs. Vittorio Emanuele dove poi va la Strauss. E’ stato il primo impiego. Qui ci sono stata un mese e mezzo. Poi una signora mi disse lei è tedesca?

Perché c’è la signora Strauss che cerca insegnanti. Sono andata alla Strauss. Era l’opposto di quello che sognavo: non era moderna, era tutto vecchio, tutto buio, le signore erano tutte vestite di nero, sembrava di entrare in una specie di tempio. C’era un’atmosfera particolare anche se non brutta. La Strauss aveva uno sguardo radiografico, guardava oltre, dentro, ti sentivi nuda. Però, come un paio di volte è accaduto nella mia vita, e ho sempre azzeccato, con la mia intuizione sapevo che quello era il posto giusto, quello era il mio destino, lì dovevo continuare a proseguire, anche se lì per lì non capivo bene che cosa dovesse accadere lì dentro. Forse ho capito subito anche che mi sarebbe toccato di portare avanti la scuola. E’ stato un flash. La mia tesi quando ho concluso la mia formazione era intitolata “Il movimento naturale”. Ero affascinata dallo scindere e approfondire cos’è costruito, cos’è naturale da che cos’è imposto e com’è che lo puoi insegnare. L’insegnamento è sempre stata per me una vocazione, non ho mai sognato di fare la ballerina, ho fatto un poco la danzatrice perché sei dentro in gruppi di formazione che fanno degli spettacoli. Però sapevo da sempre che volevo trasmettere agli altri quello che loro mancasse che gli serviva. In quella tesi c’è il semino di quello che volevo fare, ho colto dalla Strauss che potevo trovare un terreno fertile per il mio percorso personale. Poi lei mi ha talmente accolto con calore, nonostante fosse una persona schiva, mi ha fatto sentire al posto giusto e mi ha offerto uno spazio per formarmi ulteriormente e per cominciare a lavorare. Quello che mi stupisce oggi di più è che mi ha assunto subito con un contratto regolare anche se era metà anno scolastico e nonostante io non potessi fare lezione perché lei aveva dei corsi che funzionavano e erano già coperti. Io seguivo le lezioni anche per imparare la lingua. Io avevo già i principi della ginnastica moderna dove si comincia a sentire, dove si hanno i piedi nudi e non più si seguono ordini: uno, due, tre e quattro. In quei momenti le bambine volevano fare danza e le madri le portavano e lei spiegava “noi facciamo danza e anche ginnastica però noi non metteremo mai le scarpine a punta a una bambina di 7,8 anni perché deforma il piede, i ginocchi, la schiena”, adesso si sa, allora no. Oggi nella danza classica è cambiato tanto, nessuno metterebbe sulle punte una bambina piccola e si fa quello che la Strauss diceva. Comunque io ero quella che lei cercava perché potevo lavorare con i bambini, con il ritmo, con la pianista, potevo lavorare con le ragazzine, potevo fare la jazz dance che le mancava e potevo anche occuparmi delle signore. Potevo coprire quello che le serviva. Mi mancava la lingua e non conoscevo ancora l’ambiente italiano. Ero piuttosto sorpresa di quanto indietro ancora fosse. Nel ’72 io mi vestivo liberamente invece la scuola Strauss era molto austera. In questo senso ho portato una ventata di freschezza con i miei calzettoni colorati. Anche se la Strauss era così aperta al nuovo. La scuola era come un tempio. E io la percepisco ancora così. Mi piace questo rispetto.

 

 

Quando ho cominciato con la Strauss quello era il momento giusto a Milano

 

Comunque quando ho cominciato con la Strauss quello era il momento giusto a Milano per quello che la gente chiedeva, era il momento storico, per quello che accadeva in tutto il mondo, anche se in Germania molto prima. Alla Scuola arrivava quella che voleva fare danza, molte volevano fare danza, oppure c’era la signora che aveva capito che era bene fare la ginnastica o il medico che cominciava a mandarla a fare la ginnastica per problemi ginecologici, psicologici e soprattuto fisici, portamento errato, dolori articolari. La Scuola Strauss avrebbe dovuto formare delle insegnanti, in quel momento era da pensare, perché lei cercava le insegnanti e non c’erano. E’ anche vero che le energie per insegnare che venivano spese erano, e sono, tante. Lei era sempre a scuola, tutto il giorno, c’era appena il momento di mangiare qualcosa e c’erano due segretarie. Avevamo in via Brera le aule sia nella sede principale che di fianco dove da un altro ingresso si raggiungeva una quarta aula. Le frequenze erano sei volte di più di quelle che abbiamo noi. In quel momento a Milano questa era l’offerta più moderna, alternativa a chi non vuole fare danza, non gli va la danza classica e se cercavi qualcosa a misura di tutti la Strauss era perfetta. In quegli anni c’erano molte richieste e poche insegnanti, adesso è esattamente l’opposto e ci sono tantissime persone ottimamente preparate, laureate in scienze motorie, ad esempio.

 

Io fin da piccola ho sempre sognato di fare quello che faccio

 

Io fin da piccola ho sempre sognato di fare quello che faccio, a otto anni nel cortile ho radunato tutti e ho fatto la mia prima coreografia. Andavo a lezione e facevo delle cose che sono di un’attualità incredibile. All’Orff Institute, facevo lezione di movimento con strumenti Orff che usavano i bambini stessi e gli insegnanti. Carl Orff ha sviluppato anche un settore di musica elementare. E ha costruito anche degli strumenti. Ci sono gli strumenti Orff che sono gli xilofoni di legno. Questo percorso si svolgeva all’interno del Conservatorio della mia città. Lo frequentavo mentre seguivo la scuola. In contemporanea facevo anche della danza moderna e ho trovato l’insegnante che mi ha dato lo stimolo verso la danza jazz. Lei insegnava accompagnata al piano dal marito che era un cultore di musica jazz e quindi c’era un ambiente giusto e io ho sempre saputo che era questo che volevo fare. Sono poi andata a formarmi alla Kleine Nestler Schule che è una delle tante scuole private che c’erano a Monaco di ginnastica e danza. Allora era una delle scuole famose. Dava una formazione completa. C’era lo yoga, la ginnastica organica, il massaggio, la ginnastica preparto, la fisioterapica,pedagogia, psicologia, anatomia fisiologia etc. La formazione era molto ampia e interessante e tu sceglievi dove specializzarti. Dopo sono andata all’Accademia dello sport che serviva per avere un attestato ufficiale. Ora quella formazione non c’era in Italia tant’è che la Strauss faceva fatica a avere le insegnanti. Per tantissimo tempo le aveva fatte arrivare dall’estero o le formava all’interno della scuola, con molta fatica e senza mai potere dare un titolo riconosciuto. Quando sono arrivata io lei era impiccatissima perchè non aveva le insegnanti e aveva un mare di richieste. Stava andando via un’insegnante tedesca che per un solo anno aveva fatto lezioni di jazz dance e la Strauss cercava insegnanti anche per altri corsi.

 

Noi prendevamo spunto da più ispirazioni


La formazione alla Scuola Strauss era ottima. A settembre ci ritrovavamo e lei aveva fatto dei corsi, noi avevamo fatto dei corsi, all’estero, in Svizzera, Germania, Francia, Austria e tornando facevamo il punto della situazione e si riusciva a estrapolare l’essenza di una nuova entrata e farcela nostra. Questo accadeva nella formazione tutt’oggi si cerca di fare. Perché non puoi mai dire che non sono valide le cose che ti propongono in giro. Sono forse a volte limitate, troppo ripetitive, a volte incomplete oppure sono complete ma non sono adattabili a tutti. Che cosa di buono c’è in questa tecnica nuova? Questo ci chiedevamo. E forse è stata questa la chiave per fare sì che la proposta diventi interessante ancora per chi frequenta da cinquantanni e non si annoia. Le allieve colgono la novità, sanno che c’è sempre qualcosa che non hanno mai fatto, capiscono la metamorfosi di cosa si sta facendo. Tutte le insegnanti che sono passate dalla Strauss sono così, si sono sempre evolute, metamorfosizzate. L’educazione fisica non è per i muscoli e lo scheletro e fine, ma attraverso il movimento, il gioco del movimento raggiungi ben altro, raggiungi altre sfere, puoi scoprire di essere più lucida, questa è una grande scoperta, non nuova se l’hanno fatta anche i greci, ma quello che in più è accaduto, nel percorso della Strauss, è che non le bastava la completezza che raggiungi per esempio con il pentathlon, con i cinque tibetani, con le posizioni yoga, e quindi è difficile da inquadrare in un metodo. Perché noi prendevamo spunto da più ispirazioni. Ci chiedevamo che cosa stesse facendo il bambino appena nato che sta muovendo le gambine, per rinforzare l’addome e la schiena stando sulla pancia, e che poi gattona. Queste posizioni che il bambino, la natura, ti propone sono quelle che noi nelle lezioni facciamo. Per rinforzare la schiena fai esattamente quello che un neonato fa. La ricerca nasceva da una continua osservazione, un continuo confronto. E si capiva che tutto era interessante, rinfrescava di nuovo il discorso. E alla fine ritornavi sempre a vedere che le cose sono simili, mai uguali ma c’è ancora uno spazio immenso per non irrigidirsi, per non rimanere lì attaccati a una sola esperienza, alla fin diventa noiosa, almeno per la clientela, e anche nociva, perché ripeti troppo, ti fossilizzi. Proponendo e andando intorno, dentro e sotto e sopra, stimoli l’essere umano che è nato per fare questo: il movimento.

 

Ci hanno seguite il 60% delle allieve

 

Nell’82 propongo uno stage internazionale di danza, spingo per avere quello che occorreva e attraverso Sandro riusciamo a avere il Palalido. Guarda caso in quel momento decido di restare incinta. Io vivevo la maternità concentrata sull’argomento, non volevo continuare a fare la vita professionale e contemporaneamente fare la mamma perché non avevo la possibilità di appoggiarmi a nessuno. La Scuola poteva sostituirmi e dopo due anni potevo tornare invece non sono rientrata. Molte insegnanti sognavano di andare e di fare la propria scuola, anch’io sognavo di avere una scuola mia perché a Milano c’era spazio per tutte. Insomma io fino dall’inizio del mio ingresso alla Strauss so che avevo una intenzione di cambiamento. Così creammo la Scuola Armonia che è in via Cusani ancora oggi esistente. La creai con Mary Sheldon, una fisioterapista e un’insegnante che aveva scritto con Carla Strauss un libro sulla ginnastica per anziani, Silvana Barbieri, perché lei aveva scritto una tesi che si rivolgeva agli anziani e l’aveva proposta alla Strauss. Loro sono le titolari dell’Armonia. Alla Strauss era arrivato con una funzione amministrativa Sandro Kaufman che voleva aiutare la mamma. Lui cercava di cambiare la gestione generale, per quanto riguardava l’incasso, i tempi, i numeri. Non era sbagliato il suo punto di vista manageriale. Vedeva che era molto pieno e pensava ci volesse una sala più grande così che un corso potesse essere fatto non da venti ma da quaranta persone in un botto. E hanno cercato una sala più grande che era poi cs. Vittorio Emanuele. Però si creò un nuovo squilibrio. Una sala sola ti limita, non puoi più proporre in parallelo la frequenza delle mamme, nel loro corso e quello delle bambine in un altro, ma con lo stesso orario. Il grande cambiamento era avere una sala sola grande. Quando è mancata la signora Strauss, nello stesso anno, nel 1997, è nata la mia terza figlia. E gli eredi sono venuti a chiedermi di rilevare la scuola dicendomi “Solo tu puoi portarla avanti”. Ho pagato carissimo un gioiello, potenzialmente, che mi è costato tantissimo, in fatica, me lo sono assunta perché sentivo che dovevo farlo. Non voglio paragonarmi con lei perché lei è una figura molto diversa da me. Non erano più i tempi. Lei ha trovato un terreno fertile a Milano che io mai più avrei trovato la città era piena zeppa di scuole, di offerte a cominciare dai corsi del Comune, c’era tutto e di più a miglior prezzo. Non era più possibile ragionare negli stessi termini. La Scuola Carla Strauss poteva solo diventare un prodotto di nicchia molto particolare e quello è rimasto, con una fatica immane. Sono situazioni che hanno una dimensione per forza diversa. Io sono venuta via da Vittorio Emanuele scegliendo di diventare piccola, sono felicissima e non mi sono mai pentita ma proprio perché finalmente non c’era più questo stress, non dormivo più quando ero là, avevo tremila problemi, non hai idea. Ringrazio Gemma Martino che mi ha offerto questa possibilità dello spazio che è proprietà di Metis in corso Buenos Aires.

Ci hanno seguite il 60% delle allieve, quelle che sono rimaste fuori è stato per problemi di orario, perché non potevano frequentare che alla sera o lavoravano vicino alla vecchia sede.


Prima che essere insegnante, ginnasta io sono creativa.


Questo modo di lavorare fa parte della mia indole, fa parte del mio modo di percepire il nostro compito. Non so se quando sono arrivata qui in Italia ero consapevole o no. Avevo capito però che la scuola Strauss era il posto giusto e percepivo che avevo una immensa possibilità di sviluppo, che non era però per i numeri o per la notorietà semplicemente uno sviluppo per me come insegnante, come vedute e come argomento. Prima che essere insegnante, ginnasta io sono creativa. Io sono felice quando creo. Quando facciamo una cosa nuova, con gli anni mi sono fatta l’idea che non sia del tutto nuova ma che accada in contemporanea da qualche parte del mondo perchè le cose si sono incontrate, tant’è che accadono, guarda caso, negli stessi anni. Questa sensazione di assoluta felicità mi accade nel momento del creare. E io trovo che è anche semplicemente creare la lezione e farla nascere da questo colloquio con chi hai davanti. Non è così evidente a chi partecipa per esempio mi accade di fare una correzione a chi è dietro di me, allora: come hai visto, come hai capito? Io osservo senza disturbare, non faccio la radiografia come la Strauss, non invado più di tanto, però mi stimola proprio quello che vedo e, a volte, rotolo talmente bene su questa cosa che mi cade addosso che sono grata.


Detto questo l’arte in movimento diventa il movimento in movimento


Detto questo l’arte in movimento diventa movimento in movimento, questo corrisponde a me, come mi corrisponde molto la combinazione tra ritmo, musica e movimento. Le scuole di cui si parlava, tipo la Bode, la Loheland seguivano due correnti. Dalcroze diceva prima la musica poi tu la interpreti con il movimento e per l’altra c’è il contrario, il pianista accompagna il movimento, ed è difficilissimo trovare i pianisti e i percussionisti che possano fare questo. Volevo un ambiente diverso, più cura nell’estetica, più luce, più spazio (non necessariamente metri quadri). Adoravo la sua voglia di ricerca e curiosità per il nuovo, ma volevo più freschezza (modernità) anche nell’abbigliamento, nell’arredo, nella cura del luogo.  Arte anche intorno al lavoro in aula. Ho provveduto subito, mettendo quadri, fiori, sculture, decorazioni molto discrete. Ho sentito un bisogno forte di cambiare l’uso della musica, che da sottofondo (come lei voleva) diventò parte fondamentale, integrante, strumento di lavoro. Le insegnanti erano con me. Il lavoro ci ha guadagnato sono sicura. abbiamo non solo aumentato di tanto gli attrezzini, ma ampliato il loro uso, diversificato, aumentato molto l’efficacia. Esempio: la palla veniva usata in tanti modi, noi abbiamo trovato tantissimi altri modi (studiato l’efficacia). Abbiamo sviluppato l’uso dello spazio fino a trovare soluzioni stupefacenti. Abbiamo deciso di trattare l’argomento respiro sempre con il dovuto rispetto ma ci siamo aperte a nuovi orizzonti. infine è cambiato il linguaggio, il “tono di voce”, la spiegazione in forma metaforica, la correzione indiretta (ferisce di meno) e …certo mi dici più che di cambiamenti si tratta di sviluppo. evoluzione, crescita e metamorfosi dell’esistente. Ma lo vivo e l’ho vissuto come un cambiamento giornaliero. sempre nuova linfa, energia, nuovo inizio. Penso che ogni cosa veramente ‘viva’ come un organismo tipo la nostra scuola non sia mai uguale, come sono diverse le persone in essa, le lezioni, il pensare, il sentire in Movimento. Ovvio che è cambiato tutto dal momento in cui un’altra persona , con un altro temperamento, in un momento storico diverso con uno stato del sapere diverso si occupa pur sempre con amore, rispetto e stima   di una realtà in fondo ereditata. Ho introdotto il canto. Ho avuto dei momenti in cui lanciavo delle cose nuove che però non riuscivo a fare stare in piedi e che poi mi ritrovavo sui giornali. Adesso fanno lezioni di ginnastica in lingua. Quando l’ho proposto io nessuno mi seguiva. Quando ho proposto canto ballando, è durato un poco in cs. Vittorio Emanuele, era molto carino ma poi a un certo punto non si poteva più fare. L’ho visto proposto da altre parti. Oggi mi manca il pianoforte, mi piace il musical, ballare cantando. Ho sempre anticipato quello che stava avvenendo. Molte delle mie allieve della danza jazz si sono poi formate come insegnanti in giro per il mondo.

Qui nell’attuale scuola sto bene perchè ho l’impressione di fare stare bene un bel numero di persone, ho l’impressione di prendermi la responsabilità di una realtà che ha il diritto di esserci. Per il nome della Strauss, le insegnanti, per le persone che frequentano, per quello che si fa ed è una bellissima cosa. Ma non è tutto per me, non è abbastanza, non posso dire di essere soddisfatta, perchè non lo sono mai del tutto. Ma per certi versi sono contentissima

Noi abbiamo fatto dei corsi che non erano assolutamente di movimento, come plasmare la creta, fare della scultura, fare delle esperienze in altri ambiti artistici. Mi premeva portarlo qui e cominciava il movimento in movimento che è un’altra storia. Pur essendo sempre in linea e soprattutto per la cosa più bella che lei ci ha proposto, la formazione e il pigliare di qui e di là e questa è l’esperienza più bella che noi abbiamo salvato e portato avanti.

Per me c’è anche l’aspetto importante dell’antroposofia, della pedagogia steineriana, la pedagogia Waldorf, alla Strauss mi pare che non piacesse l’euritmia. Noi abbiamo fatto dei corsi perchè io lo ritenevo molto interessante per le mie insegnanti. E lo è stato, l’hanno apprezzato moltissimo. Io sono stata mandata dal dottor Bargero, antroposofo, a fare la ginnastica Bothmer, qui nessuno ne parla ma è insegnata alla scuola steineriana. E’ l’opposto dell’euritmia, ginnastica dell’anima questa, ginnastica del corpo quella. Il linguaggio della metafora mi ha dato un incredibile risveglio, per esempio pensarmi nello spazio come un triangolo, come una X, come una stella, invece di dire alza le braccia, apri le gambe, pensare che io mi apro come fossi una stella a cinque punte. Mi sono ricordata altri momenti della mia infanzia dove avevo trovato questo modo di insegnare e l’ho proprio abbracciato. La Strauss lo usava ma non era così portato in primo piano, per i bambini c’era il linguaggio degli animali perchè l’infanzia ha questo linguaggio imitativo. Lei poi aveva fissato alcune posizioni come che fare il leoncino era camminare sugli avambracci, il cane camminare a gambe dritte, serviva per trovare un modo di farli muovere in posizione quadrupede che rinforza molto la schiena, il bambino impara a alzarsi osservando l’essere umano. Quando facciamo uno slancio, prendiamo questo ritmo per cui c’era la prasi di parlare molto accompagnando il gesto, la voce diventava musica, un accompagnamento musicale al gesto. Noi in ginnastica lo facciamo tantissimo ancora con i bambini. Questa era la novità rispetto alla ginnastica fatta di uno, due, tre, quattro. La Strauss poi era proprio contraria a parlare di respirazione. Anche qui c’è stata una evoluzione. Non si può generalizzare e dire non se ne parla, se ne parla per certi lavori e certi esercizi. Io ho insegnato dieci anni alla scuola Rudolf Steiner e nel frattempo portavo le mie bambine prima all’asilo poi alla scuola, e intanto frequentavo dei corsi di ginnastica Bothmer, euritmia pedagogica, degli stages, sono andata a Dornach. E io non me la tolgo più, penso sia una di quelle cose che mi sono passate di più, mi ha segnato sicuramente e mi sono portata via un modo di vedere, mi sembra proprio di avere la conferma di quello che chissà come sapevo già. Mi ha cambiato e mi ha tolto un sacco di paure e di contratture mentali. Per anni ho seguito i seminari in via Vasto, su tutti gli argomenti. La mia convinzione è che quello che hai imparato non necessariamente deve essere un libro aperto ma lo porti con te agli altri.